La vita
«Nacqui a Crevalcore, terra del bolognese nell'anno 1831 il ........ I miei genitori furono Luigi Lodi e Fanti Maddalena. Mio padre faceva l’ebanista e falegname e in pari tempo era sagristano alla chiesa della Concezione». Così comincia un fascicoletto autobiografico di 15 pagine manoscritte esistente nell'archivio Lodi Focardi Vettori. Non è nota l'epoca della composizione e colpisce stranamente la data di nascita errata; il pittore in realtà è nato il 27 novembre l830 nella casa adiacente l'oratorio della Pietà, nel viale dell'Abbazia, divenuto via Gaetano Lodi nel 1906. L’autobiografia ci offre una folta aneddotica riguardante l’infanzia, la morte del padre (che era guardia civica) per le conseguenze di un incidente in un movimentato inseguimento, la scoperta della disposizione del giovane per la pittura da parte del cappellano don Luigi Nicoli, le ristrettezze economiche che lo costringono ad aiutare la madre merciaia. All'Accademia di Belle Arti Lodi si reca a studiare nel '53 con il Manfredini e il Badiali, ma è il Manfredini il suo primo vero maestro. Verso il '56-‘57 diventa aiutante di Andrea Pesci mentre questi è impegnato a decorare l'oratorio dello Spirito Santo a S. Agata bolognese, poi lo accompagna durante i lavori nei palazzi bolognesi Delmonte, Rossi, Bonora; trascorso un breve periodo con lo scenografo Camillo Leoni per dipingere apparati in occasione della visita di Pio IX, torna un'ultima volta con il Pesci nella decorazione de] teatro di Persiceto (1859). Dopo aver dipinto (come ornatista autonomo) la sala delle Signore nel Caffè del Corso, accompagna la madre a Firenze dove conosce e frequenta i pittori Ussi, Buonamici, Beneassi. Purtroppo l'autobiografia termina a questo punto, alla vigilia di un periodo di attività intensissima che occorre ricostruire spesso sulla scorta di accenni o indizi. Nel 1862 viene scelto dall'architetto Antonio Cipolla per decorare il portico della Banca Nazionale in via Farini; vi rimane impegnato fino al 1866, ma nel frattempo esplica il servizio militare, dipinge nel teatro Brunetti e nella villa reale di S. Michele in Bosco, decora a Torino lo scalone del Palazzo Reale e il portico del Palazzo di Città (1864-65 circa), dipinge nella villa reale di Poggio a Caiano (1865) e nella Banca Nazionale di Firenze. | |
Nel 1867 si reca a Parigi chiamatovi da Paul Boudry per le decorazioni del foyer dell'Opera, in agosto ritorna invitato dall'architetto Mengoni ad eseguire «graffiti» a Milano e in settembre viene infine nominato «pittore ornatista onorario della Real Casa». Nel 1869 dipinge diversi ambienti nel reale casino del Gombo a S. Rossore; nel 1870 circa dipinge al Quirinale gli stemmi del salone e l'atrio; gli giungono numerosi riconoscimenti: è accademico onorario (1869), poi accademico corrispondente (1870) dell'Accademia di Belle Arti di Firenze, socio d'onore dell'Accademia di Belle Arti di Bologna, nel 1871 è nominato Cavaliere della Corona d'Italia. Dal 1873 al dicembre 1876 lavora al Cairo alla decorazione del palazzo del kedivé, dipinge nell'harem di Ghiseck ed anche in ville private. Nel frattempo compie diversi viaggi in Italia ed in particolare rimane per brevi periodi a Firenze per occuparsi del servizio da tavola del kedivé che veniva confezionato da Ginori. In uno di questi viaggi conosce la fiorentina Luisa Messeri che sposa e conduce al Cairo (1875) dove nasce il figlio Luigi. Al ritorno dall'Egitto si stabilisce a Crevalcore dove è nominato Commissario dei lavori per l'erezione del nuovo teatro comunale e nel 1878 e incaricato di decorarlo. Nel 1878 vince il concorso per la cattedra di «ornato» all'Accademia di Belle Arti di Bologna succedendo al defunto Contardo Tommaselli. I lavori nel teatro di Crevalcore vengono terminati soltanto nel 1881. È la sua ultima impresa decorativa, poiché fino alla morte, che lo coglie e cinquantasei anni, il 3 dicembre l886, nell'abitazione bolognese di via Belle Arti 18, Lodi divide il suo tempo fra l’insegnamento all'Accademia, dove le sue lezioni sono sempre affollate, e la direzione della sezione artistica della Cooperativa di Lavoro per la fabbricazione delle Majoliche e Stoviglie in Imola, attività in cui si segnala all'esposizione di Torino nel 1884, dove i lavori presentati vincono una medaglia d'argento. | |
UN ORNATISTA TRA NEORINASCIMENTO E FLOREALE L'ambiente in cui si trova ad operare Lodi all'inizio della propria carriera è ancora quello dei quadraturisti, fornito a Bologna di una solida tradizione che risale al primo Seicento e continua ininterrottamente, ancora a metà del XIX secolo, a dare i suoi frutti autunnali al riparo dell'Accademia di Belle Arti. Erano «quei modesti artieri che al solicello dell'Ottocento, nella Bologna papale, andavan dilatando su per le chiese e i palazzi gli ultimi inganni cordiali, le ultime quadrature» come scrive Roherto Longhi che volentieri si 'smemorava' «davanti a una finzione, chiaretta e leggiera del Guardassoni, del Samoggia, del Mastellari» (1). Gaetano Lodi, giunto a Bologna nel l853 per studiare all'Accademia, ebbe come maestri Giuseppe Manfredini e Giuseppe Badiali, rispettivamente aggiunto per elementi di architettura e titolare della cattedra di ornato. Il Manfredini godette di alta considerazione ai suoi tempi tanto da essere definito «fra i primi quadraturisti dell'età nostra di risorgimento» (2), ciò che dimostra non solo il credito ancora accordato a questa specialità ma anche l'alto livello di autoconsiderazione ancora presente nella scuola pittorica bolognese che si credeva lanciata, dopo le 'degenerazioni di gusto' settecentesche, non verso uno stanco epigonismo bensì verso mete all'altezza del grande passato. Intorno al l854-55 il giovane Gaetano chiese al Manfredini di poter far pratica e questi lo prese con sé mentre era impegnato nel palazzo comunale al soffitto della sala Farnese. Il legame di apprendistato instauratosi in quell'occasione rientra anch'esso nei canoni della prassi tradizionale, evidentemente ancora radicata, come pure il bisogno di contemperare pratica e studio, elemento questo che sarebbe riaffiorato ancora ad oltre vent'anni di distanza in occasione del concorso del 1878. È sempre in virtù di questo legame che Lodi lavora con Andrea Pesci, «in prima uomo del Prof. Manfredini ma che da qualche tempo si era messo a fare da sé» (3), alla decorazione di alcuni palazzi bolognesi e poi al soffitto del Teatro di Persiceto. Siamo nel '59, un momento di grandi mutamenti e non solo politici (4). Subito dopo Lodi inizia ad operare da solo e gli viene affidata la decorazione della Sala delle Signore nel Caffè del Corso, un lavoro che incontra il favore del pubblico (5). La scomparsa di questa decorazione ci toglie il termine di confronto per riconoscere le tappe di una evoluzione che appare assai rapida: appena tre anni separano i lavori nel Teatro di Persiceto dall'inizio di quelli del portico della Banca Nazionale che ci mostrano un pittore già completamente alle prese con una problematica artistica che esula dal corto orizzonte del contesto bolognese. In mezzo c'è un soggiorno a Firenze, i contatti con Stefano Ussi e un ambiente culturale più stimolante; c'è anche una proficua meditazione sui concetti decorativi di una tradizione ricchissima: «incominciai andare nelle Gallerie e nelle Chiese e da per tutto ove eravi dell'arte decorativa e costì copiavo e mettevo in album tutto quello che mi sembrava buono» (6). Anche se non è chiaro a quale di questi elementi nuovi vada attribuito il cambiamento di rotta dei primi anni '60, e certo che ora egli manifesta una maturità nuova e si mostra inserito con maggiore consapevolezza nel dibattito culturale italiano, alla ricerca di un indirizzo artistico, di uno stile a pieno titolo italiano per una nazione che ha finalmente conquistato la propria unità. Firenze ospita nel l861 l'Esposizione Nazionale che raccoglie artisti provenienti da tutta la penisola ed i un'importante occasione di incontri e di scambio di idee. Ma per la nuova stagione artistica di Lodi non sono da sottovalutare i contatti con gli architetti Antonio Cipolla (1822-1874) e Giuseppe Mengoni (1829-1877), allora operanti a Bologna, due tra i più importanti fautori della tendenza architettonica neorinascimentale. Il riassetto urbanistico approvato nel 1860 promuove un’attività edilizia di grandi proporzioni in cui rientra, tra l'altro, anche la costruzione della Banca Nazionale, iniziata nel ’61. È proprio l'architetto Cipolla autore del progetto, a chiamare Lodi a dipingere il portico della Banca; una commissione di prestigio per la quale sembra modesta l’unica credenziale della decorazione al Caffè del Corso, e che presuppone forse in Cipolla una conoscenza diretta di Lodi come pittore in grado di eseguire un partito ornamentale in linea con il nuovo indirizzo architettonico. |
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La vittoria nel concorso per la decorazione dello scalone del Palazzo Reale di Torino segna per il pittore un'affermazione ancor più prestigiosa: guadagnandogli il favore del sovrano essa gli permette di ottenere L’incarico per la decorazione della villa di Poggio a Caiano (1865) e la nomina a pittore ornatista della Real Casa (settembre 1867). A Poggio a Caiano la decorazione resta nella linea neorinascimentale nel portico e nella saletta di Banca Cappello. Nell’atrio, invece, viene scelto un partito ornamentale in chiaro-scuro di ispirazione decisamente barocca; il chiaroscuro potrebbe ritenersi più aderente alla tradizione bolognese, tuttavia mentre i decoratori bolognesi si attardano, ancora a queste date, nell’uso di ripetitivi e ormai grossolani schemi neoclassici, Lodi si tiene da questi a rigorosa distanza e trova una soluzione personale, reinventa, per così dire, il barocco. Nella morbidezza con cui sono dipinti i trofei delle lunette, omaggio al «re cacciatore», circola un'aria del più raffinato Secondo Impero. Una ulteriore svolta nell’attività di Lodi ha luogo con la sua permanenza al Cairo protrattasi, salvo alcune interruzioni per brevi rientri in patria, dal maggio l873 a tutto il l876. I lavori più importanti vennero eseguiti nell’Harem di Ghiseck (Giza) c nel Salamelech del Cairo; restano di queste decorazioni due notevoli bozzetti che permettono di intuire le direttrici dell’opera di Lodi calata nella nuova realtà figurativa (7). Sembra che il pittore abbia la preoccupazione di produrre opere non dissonanti dal contesto in cui si trova ad operare e che tenti un'interpretazione in chiave «moderna» dei motivi ornamentali dell’arte moresca. Lodi studia i monumenti egiziani e raccoglie, in una folta serie di tavole, decorazioni arabe, persiane, antico egizie che in seguito utilizza sia nella pittura d'ornato sia nella decorazione ceramica; le propensioni eclettiche sviluppatesi nell’ambiente bolognese si sostanziano in tal modo di una vera conoscenza e padronanza di stili diversi. |
Gaetano Lodi: piatto con fantasia egizia |
Su questa padronanza il pittore farà leva nel ‘78 in occasione del concorso per la cattedra di Ornato, resasi vacante a causa della morte di Contardo Tommaselli. La commissione esaminatrice in un primo momento gli preferisce Giuseppe Ravegnani, motivando il proprio giudizio da un lato con la mancanza di esperienza didattica di Lodi, dall’altro eccependo sulla sua «uniformità» stilistica. Agli appunti che gli vengono mossi Lodi risponde con sfoghi appassionati nelle lettere agli amici: come si può parlare di mancanza di didattica quando lo stesso Ravegnani, ora suo principale antagonista, è stato suo apprendista e sono almeno una ventina gli allievi suoi che si stanno facendo onore come decoratori in Italia e all’estero? E quanto allo stile, come si può tacciare di uniformità chi padroneggia il Cinquecento, il Barocco, l’Arabo, l’egiziano? In appendice alla vita trascrivo una di queste lettere contenenti numerosi elementi di interesse. Il concorso, soprattutto forse per le polemiche che aveva suscitato, con ampia eco sulla stampa, venne annullato dal ministero e rifatto. Questa volta Lodi riuscì vincitore ed ebbe la cattedra. L’attività di insegnante, e presso l’Istituto, e nei corsi teorico-pratici per associazioni di lavoro (ad esempio per la Lega fra decoratori ed imbianchini) svolta con applicazione e coscienza professionale fu apprezzata: alle sue lezioni accorreva un folto pubblico di studenti. Alcuni tra i maggiori artisti del Liberty a Bologna come Augusto Sezanne (8) e Achille Casanova, e l’architetto Edoardo Collamarini furono suoi allievi negli otto anni di insegnamento all’Accademia. L'uniformità colta in Lodi dai suoi detrattori contrasta in modo sconcertante con la coscienza eclettica del pittore ed è necessario tentare una spiegazione che credo possibile in direzione, appunto, di una coerenza stilistica che fa parlare di «stile Lodi». Come egli riesca ad amalgamare motivi provenienti da culture diverse si vede assai bene nel suo ultimo impegnativo lavoro ornamentale: il plafond del teatro di Crevalcore che ricorda un traforo moresco, ma tutto animato dalla grazia e dall’incanto di un'atmosfera parigina; vi sono i medaglioni tradizionali, i putti attorno all'orologio ecc. ..., ma i diversi elementi si fondono in un insieme gradevolissimo e vaporoso perfettamente in sintonia con 1a levità del mondo operettistico. Questa decorazione prelude ormai da vicino al floreale un movimento di cui Lodi ha numerose caratteristiche: lo studio accurato del fiore e della vegetazione ridotti, poi, a formula, l’interesse per il mondo orientale, il simbolismo. Quest'ultimo aspetto, nutrito di una linfa antica di imprese e di emblemi, è chiaramente percepibile in alcune composizioni di fiori, e in particolare nel piatto intitolato La Vita, dove il significato dell'esistenza, del tutto spoglio di qualsiasi tensione naturalistica, è sciolto in estetizzante gusto per il prezioso, in puro gesto decorativo. |
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NOTE (1) R. Longhi, Momenti della pittura bolognese, in: Paragone n. 155, XIII, 1962, p. 52. (2) G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna, Bologna 1844, p. 246. Del Manfredini si conservano le decorazioni di alcune sale di palazzo Rossi con figure di Antonio Muzzi (circa 1840), e gli ornati dell'altar maggiore di Santa Maria della Carità e di alcune sale di palazzo Spada dove, fra gli altri, oltre al Muzzi, furono attivi Onofrio Zanotti e Giuseppe Badiali. (3) G. Lodi, Memorie autobiografiche, ms. dell'arch. privato Lodi Focardi Vettori, pag. 10. (4) Cfr. Elisabetta Farioli, L’evoluzione della decorazione teatrale nell'Ottocento in Emilia Romagna, in: Teatri Storici in Emilia Romagna, Bologna 1982, pp. 85, 219. Per A. Pesci cfr. Monitore di Bologna del 19 Aprile 1869 (necrologia). (5) G. Lodi, Memorie autobiografiche, cit., p. 14, (6) G. Lodi, Memorie autobiografiche, cit.,, p. 15, (7) Oltre il bozzetto per il soffitto del Salamelech (cfr. Acquerelli, disegni, ornati; scheda 2) mi è noto soltanto il piccolo bozzetto conservato a Crevalcore presso l'A.I.R. relativo ad una decorazione parietale (per l'Harem di Ghiseck?). Un elenco di disegni per le decorazioni del Cairo è nell'arch. privato Lodi Focardi Vettori. (8) Augusto Sezanne eseguì un ritratto del maestro, con il fez egiziano, datato 1879 che viene esposto in mostra (Firenze raccolta Lodi Focardi Abbondanti).
BIBLIOGRAFIA Cesare Masini, Del movimento artistico in Bologna, Bologna l 867, p. 27.
Ugo Bassini, Il teatro e l'opera, in La Patria, 9 sett. 1881. Corrado Ricci, I teatri di Bologna, Bologna 1888, p. 302.
Carmen Ravanelli Guidotti, G. Lodi (1830-1886): un «ornatista» per l'arte della ceramica, in: Faenza, n. 1-6, LXVII (1981).
Enciclopedia Italiana, VII, p. 340. Comanducci, Dizionario, II, p. 1014. Thieme Becker, XXXIII, p. 312. _________________________________ Estratto della pubblicazione realizzata in occasione dell'esposizione per il centenario della morte del pittore, Crevalcore, aprile 1987 |