L'immagine di Crevalcore

prima parte

   

La mia terra

Nel silenzio ovattato della pianura,

sotto questo cielo assolato e indolente

sento solo le tacite urla del cuore

vedo l’affanno di agitate tenebre

                                            p.c.

Ai primi di maggio dell'anno 1578 il frate domenicano Ignazio Danti, astronomo, cosmografo, architetto e docente di matematica presso lo Studio bolognese, percorse in lungo e in largo la pianura con un brogliaccio di schizzi.

Il manoscritto, anonimo, appartenuto nel secolo scorso a Giovanni Gozzadini e noto come manoscritto Gozzadini 171

pervenne nel 1902 alla Biblioteca comunale dell'Archiginnasio; nel 1967 esso fu pubblicato  con un commento di Mario Fanti, ma soltanto nel 1974 Giancarlo Roversi ne identificò l'autore grazie ad un confronto calligrafico.[1]

GOZZAD

 

 

  Manoscritto Gozzadini: Crevalcore nel 1578

Si tratta di un'opera insostituibile in quanto riguarda l'iconografia cinquecentesca della pianura bolognese. Vi sono ritratti ville, palazzi, castelli, annotati distanze e itinerari; sono forse appunti che sarebbero dovuti servire ad una mappa topografica, anche se la quantità e il tipo dei dettagli paiono superflui ad un'impresa di questo tipo.

I castelli e i palazzi sono raffigurati come appaiono in distanza al viandante che si trovi sulla strada, oppure come apparirebbero dall'alto con un tipo di veduta che si è soliti chiamare "a volo d'uccello"

Al foglio 4v., contrassegnata dal n. 38, c'è la più antica veduta di Crevalcore che si conosca. Nella scritta si legge il nome "Crevailcore".

E' evidente la struttura quadrata del castello, circondato da un terrapieno e da un fossa, ma all'interno dell'abitato non è visibile nessun accenno al reticolato viario ortogonale risalente al primitivo impianto urbanistico medioevale; le case sembrano disseminate in maniera casuale e intervallate da alberi di rispettabili dimensioni, ad indicare che buona parte del castello era a superficie ortiva o prativa. Due soli edifici sono identificabili: si tratta del campanile della parrocchiale e della rocca che sorgeva accanto alla porta di levante.

Queste due sono senz'altro le due maggiori emergenze architettoniche che caratterizzano il paese antico: per la loro altezza svettavano sulle case.

Entrando dalla porta di levante l'abitato doveva offrire una vista ancora singolarmente medievale, con la strada maestra sterrata affiancata da edifici dai portici tutti in legno.

Una tale ricostruzione per quanto impressionistica può considerarsi abbastanza sicura, se pensiamo che eventuali edifici del XVI° secolo con portici in mattoni non avrebbero avuto troppe difficoltà a conservarsi fino a noi. Questi portici antichissimi, invece, non sopravvissero: gli ultimi vennero demoliti nella prima metà del secolo scorso, come testimonia don Angelo Frabetti[1].

Nel corso del XVII° secolo il castello di Crevalcore non subì grandi trasformazioni, relativamente agli edifici caratterizzanti, se si eccettuano le riedificazioni delle chiese dei Poveri e dei Battuti, che assunsero l'aspetto che avrebbero poi mantenuto fino alle soppressioni napoleoniche.

Di quest'epoca abbiamo numerose piccole vedute, in parte conservate presso l'Archivio di Stato di Bologna[1], in parte in due volumi di cabrei dell'Archivio comunale di Crevalcore.

Le vedute presenti nelle mappe dell' Assunteria sono estremamente sommarie, ma quasi sempre evidenziano la pianta quadrata del castello e il fossato che lo circonda, oltre ai due ponti levatoi, in corrispondenza delle due porte, e alla chiesa parrochiale.

L'interesse del disegnatore, quasi sempre un perito agrimensore incaricato dall'Assunteria non è quello di fornire un corrispettivo visivo come in Danti, ma un punto di riferimento cartografico su un territorio di parecchie miglia di estensione.


 BATTUTI  

Le cose cambiano se prendiamo in esame due vedutine di un libro campionale dei Battuti.  In questi prevale l'interesse specifico alla raffigurazione dei beni dei Battuti, che quindi vengono descritti con precisione anche quando si tratti di edifici del castello. In questo caso il perito cartografo isola tali edifici ed omette l'indicazione di ogni altra costruzione che non sia assolutamente caratterizzante l'immagine del castello: ecco quindi raffigurati, oltre ai beni della Compagnia unicamente la parrocchiale e le due porte con i ponti levatoi [1].

 Un'altra mappa, che descrive due pezze di terreno situate in prossimità delle fosse, raffigura il castello con le due chiese (la parrocchiale e S. Maria dei Battuti), presenta alcune file di case che potrebbero far credere all'intenzione di accostarsi alla realtà fornendo una sia pur sommaria indicazione della maglia viaria ortogonale del centro abitato, intenzione che, ahimé, risulta smentita dall'arbitraria e fantasiosa raffigurazione di una cinta muraria merlata a difesa dell'abitato di cui non esiste alcuna memoria nelle fonti storiche.


 Bologna, Arch. di Stato, Campione dei terreni dell'Oratorio di S.ta Maria dei Battuti (1604)  

Gli apparecchi difensivi del castello di Crevalcore vengono indicati con scrupolosa precisione in due stampe celebrative dei soli episodi guerreschi  che abbiano interessato, dal XVI° secolo in poi, l'abitato di Crevalcore: gli assalti al castello avvenuti il 14 giugno e il 6 novembre 1643 durante la cosiddetta guerra per il ducato di Castro.

La prima incisione è firmata da Giovan Battista Fontanelli e reca la scritta:

"Assalto dato dalla Lega al Castello di Crevalcore alli 14 di giugno 1643 quale durò hore sei e meza et essendo socorso dalli Eclesiastici restò libero con l'acquisto di un pezzo di cannone"

Sul lato sinistro compare lo stemma del conte Nicolò Tanari tesoriere della sede apostolica, sovrastante il cartiglio dedicatorio.

 assalto al castello 1643 rid
   Incisione che rappresenta l'evento bellico del 14 giugno 1643

Il castello è rappresentato a volo d'uccello ma con rigorosa caratterizzazione prospettico-geometrica. Agli angoli del quadrato si notano i quattro bastioni che conferiscono al castello uno spiccato carattere militare. All'interno del terrapieno sono rappresentati gli isolati riempiti di minuscole case di maniera; risultano ben riconoscibili il complesso Porta di Ponente-Chiesa della Concezione e rocca-Porta di levante-Chiesa dei Poveri; mentre S. Silvestro e la chiesa dei Battuti sono rappresentati sommariamente e a malapena si distinguono nella spiccata uniformità delle abitazioni.

Intorno al castello, in uno spazio vuoto dal sapore quasi metafisico, caracollano squadroni di cavalleria, marciano drappelli irti di lance, fumano archibugi e cannoni.

 

L'altra incisione, raffigurante l'episodio bellico di novembre, è tutta di intonazione più descrittiva: le fosse non sono squadrate con geometrica precisione ma si allargano in corrispondenza dei bastioni; allo stesso tempo un punto di vista da sud anziché da est ed una prospettiva più ravvicinata offrono la possibilità di rappresentare particolari trascurati nella prima incisione, specialmente per quanto riguarda il corso principale che appare affiancato da edifici con portici tutti in legno.

 assalto al castello 1643partic
   Vestigia di S. Pancrazio. Incisione che rappresenta l'evento bellico del 6 novembre 1643, particolare

La scena è movimentata e dinamica: i pontifici avanzano da sud est e danno la scalata al castello tra il bastione di Quartier Guisa e la rocchetta (torre detta la Montanara) che sorveglia l'ingresso del canal Torbido in castello. Per i vicoli del paese, e specialmente intorno al complesso Chiesa dei Battuti-casa della Comunità, scontri corpo a corpo tra liberatori e occupanti; questi ultimi fuggono da Porta Modena verso Occidente inseguiti da uno squadrone di cavalleria.

Ora scorgiamo forse le vere intenzioni dell'incisore: il racconto aneddotico, il movimento, la descrizione dettagliata, quasi un resoconto giornalistico ante litteram che richiede fra l'altro la presenza di due prolissi cartigli esplicativi, l'uno con informazioni carattere generale,[1]  l'altro con i nomi dei protagonisti. Dobbiamo presumere che quest'ottica presieda anche alla rappresentazione degli edifici dei quali sarà perciò curata, più dell'esattezza illustrativa, l'aspetto "pittoresco". A tal riguardo si può notare come le due porte del castello, identiche in questa incisione, non corrispondano affatto all'iconografia nota.

Un elemento degno di nota è l'avvenuta distruzione della chiesuola di S. Pancrazio (vestiggi di S. Pancrazio, presso il bastione di quartier Guisa) che nella precedente incisione risulta ancora esistente mentre nulla di certo, purtroppo, sappiamo di S. Martino in Cozzano, che cade al di fuori della zona effigiata.

 

[1] M. Fanti, Ville castelli e chiese bolognesi da un libro di disegni del Cinquecento, Bologna 1967.

G. Roversi, Il patrimonio fondiario dei Tanari a Gaggio Montano e nel Belvedere, in: Strenna Storica bolognese, anno XXIV, 1974, pp. 260 segg.

[1] D. Angelo Frabetti, Storia di Crevalcore, ms. presso Archivio A. I. R., in particolare i disegni inseriti tra pag. 56 e 57

[1]  Bologna, Arch. di Stato, Assunteria ai confini e alle acque, Mappe, vol. 3 “Confini col Modonese”.

Bologna, Arch. di Stato, Fondo Demaniale 4/7795: Campione di terreni dell'Ospitale et oratorio profano di S.ta Maria de' Batudj (1604)

[1] «Vero disegno del castello di Crevalcore pigliato di notte nel mese di Novembre 4 dalli modenesi et recuperato dall'essercito Ecclesiastico ali 6 di novembre 1643. Qual castello è di circuito un buon miglio posto sul contado Bolognese vicino alli confini del modenese. Cinto di muraglia terrapienato squadrato inquadrato  così dentro come fuori quattro baloardi due torre antiche due porte un' all levante llaltra al ponente Situato con 32 quartieri di case habitabile in quadro perfetto dove vi sono anime seimilla in ca. passandovi dentro un canale d'aque da una torre all'altra et avanti ll assedio del mese d'Agosto cioè alli 14 er arborato tutto il suo circuito et con largissima fossa intorno come si vede nell'altro dissegno».

 
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